lunedì 26 aprile 2010
Racconto la mia lettura di: CERCANDO ALICE, di Camilla Trinchieri (marcos y marcos)
Alice, o Alinka. Come scrive Camilla Trinchieri in Cercando Alice, “…questo è un nome così americano. A me va bene. Alinka mi fa sentire più sicura, un po’ meno personaggio di Henry James”. Poi Susie, la figlia. “Con la gravidanza mi è tornato il pensiero di mamma. Il bisogno di lei, la voglia di averla qui a farmi da guida”.Per eccellenza e senza alcun dubbio sono Loro i due personaggi femminili e le due voci protagoniste del romanzo e intorno alle quali Camilla Trinchieri (ri)costruisce la storia intricata e intensa di un’intera famiglia.
L’autrice, guidata dalla delicatezza e da una rara sensibilità riesce a conquistare il lettore mentre suggerisce che nella vita la memoria detiene il pregio di essere una compagna necessaria e la capacità di dar vita anche a ciò che è già e un senso a quello (o a chi) deve ancora nascere.
L’imperfetto e il presente di due voci differenti consegnano al lettore una storia ambientata durante la seconda guerra mondiale e narrata da due punti di vista differenti: Alice. La donna trasferitasi dagli Stati Uniti in Europa per amore di Marco. La moglie che subirà un tradimento. La mamma che all’intrattenersi a Roma con i figli, preferirà scappare in Svizzera, contro la volontà del marito, e i suggerimenti di Lilli. Qesto romanzo è soprattutto una ricerca, un intreccio, un incontro-scontro di sentimenti e desideri che riguardano l’uomo come individuo, ma non possono escludere l’uomo nel ruolo che assume quando è già parte di un nucleo familiare.
Alice e Susie vivono durante la seconda guerra mondiale, “un sottofondo di guerra” e una scenografia che ci accompagna lungo tutta la narrazione: quando è memoria e quando è presente.
E questo diventa il ritmo della narrazione.
Alice è una donna coraggiosa. Un personaggio che suscita un forte senso di protezione. Una donna che sa scegliere per amore, sa soffrire e molto. Una madre che vuole fuggire e che preda della sofferenza e della pazzia cercherà di proteggere i figli non facendogli subire interamente la sua malattia. Una madre generosa. Ma una donna e una moglie infelice. Un personaggio da amare.
Viene annunciata la sua morte.
Susie, la figlia di Alinka è incinta. Ed ecco la seconda voce del libro. Una figlia incinta, innamorata di un uomo che ha accanto. Una donna che ha amato moltissimo Marco, il padre. Nell’intero romanzo la presenza di lui è un punto di riferimento e un perno costante per lei. Susie ha un contatto privilegiato e piuttosto carnale con Marco. Non di rado la ritroviamo da piccola tra le sue braccia, sulle sue gambe, a scrivergli biglietti firmati falsamente a nome dalla madre… la sua presenza sembra assolutamente necessaria.
Quando Susie è incinta c’è un dubbio atroce che la tormenta: annunciarono la morte della madre, per colpa di uno sparo, eppure lei tuttora non ricorda di aver mai sentito nessun rumore.
Vive nell’incertezza di questo decesso. E soprattutto vive nel desiderio che la madre in realtà sia ancora viva e dunque nella necessità di doverla cercare. Assolutamente.
È proprio in questa ricerca la chiave di lettura o forse il significato più intenso di questo romanzo decisamente femminile e ricco di punti di riflessione.
Susie non vuole mettere al mondo un figlio senza sapergli spiegare la vera storia della sua vita. Senza potergli dire con certezza “della morte della nonna”. Susie ha bisogno di verità, di conoscere,Ricordare mamma, cercarla è la mia ossessione. Per gli altri fratelli è diverso: Andy rispetto a questa scomparsa sembra avere molta rabbia. La rabbia di chi teme che la madre non sia morta ma non si sia più voluta far vedere. Claire, lei all’epoca era troppo piccola per nutrire rancore, troppo piccola per avere i ricordi che Susie al contrario conserva di Alinka.
Susie allora deve conoscere la verità perché solo questa può aiutarla a seppellire il ricordo vivo di una madre, moglie infelice, o piuttosto riaverla con sé venendo a conoscenza dei motivi che per tanti anni le hanno separate.
Cercando Alice. Un romanzo femminile che nell’assenza di una madre riesce a narrare il valore della famiglia e tutto ciò che ad essa può ruotare intorno. Quando nell’assenza di una madre esiste la generosità e la forza di una donna
camilla trinchieri: www.camillatrinchieri.com
sabato 10 aprile 2010
Un po' di sole nell'acqua gelida - F. Sagan 1969
Un po’ di sole nell’acqua gelida
di Françoise Sagan
(...)
Lui che aveva tanto amato l'amore e che aveva potuto farlo indifferentemente nelle circostanze più ridicole o più bizzarre, si ritrovava ora impotente, in fondo a un letto, vicino a una donna che gli piaceva, che era bella e che, per di più gli era cara.
(...)
L'edizione Bompiani che vive a casa mia, acquistata tra gli scaffali di Tara molto tempo fa, è la quarta edizione.
Le pagine profumano di usato, si colorano del tempo che è stato: giallognole, ma col riflesso della luce che sbatte sulla mia parete color arancio sembrano quasi rosa. Giuro.
(…)
Tratto da NUDO DI DONNA - titolo provvisorio
Incipit di un romanzo di Rose a cui lavora dal 2009
E già. Sofia ha amato un uomo per molto tempo e di quell’amore ne ha fatto un dono prezioso per sette anni.
Poi così come la vita all’improvviso sapeva mostrarsi cruenta, visionaria e delirante anche l’amore per Sofia acquisiva solo un peso insostenibile. Amare si trasformava in una rima stupida e diveniva d’improvviso un non sopportare e voler osteggiare ad ogni costo l’amore stesso.
Sofia negli anni e in finissime sfumature dure di vita quotidiana affinava col tempo un’indiscussa capacità: cominciava senza rendersene conto a prendere troppa confidenza e familiarità con sentimenti sgarbati, sconvenienti, instabili. Scopriva che la vita di Beniamino negli anni e con lentezza l’aveva condotta in una strada che, paradossalmente, prendeva distanze determinanti dall’amore. Sofia che amava il silenzio, la stabilità, la cura, la delicatezza, a poco a poco si ritrovava a sopravvivere e convivere con la confusione, la noncuranza di sé, la sfrontatezza, l’instabilità delle cose e di ogni sfumatura e questione che la circondava. E così i racconti di Sofia che nero su bianco vomitano brutture, sentimenti duri, devianti, deliranti e a volte d’abbandono, non avevano che un pregio: mettere Sofia ogni volta di fronte a quello che il tempo, le circostanze e la vita avevano fatto di lei e che lei per anni aveva dimenticato o rimosso perché vissuto con troppa voracità.
Capiva che aveva accolto e si era posto nella sua vita malamente e per lunghi anni un unico obiettivo e finalità: prendersi cura di Beniamino e incedere con iniziale inconsapevolezza verso l’allontanamento da se stessa. Ha la eco di un sacrificio tutto questo. Ma un sacrificio che a lungo andare si presentava nell’esistenza di Sofia come un’assoluta strategia di vita, un’autodifesa, o chissà, una semplice e inconscia arma di sopravvivenza, che dir si voglia.
E i sacrifici hanno il dono e il privilegio di essere un’offerta che si rende a qualcuno, a qualcosa. Sono una rarissima ma potentissima forma d’amore, di generosità, proprio come la scrittura; e come questa dunque sono necessari, vivono e richiedono costante pazienza, cura, tempo e dedizione.
Quando Sofia sceglieva di abbandonare l’amore era il tempo in cui aveva radunato tutte le sue magagne passate, ma percepiva indispensabile donarsi solo al sacrificio perché come per ogni questione anche per le sue faccende era giunto il momento della resa.
La resa di Sofia arrivava col fare di una questione elaborata negli anni ma con l’impeto di un qualcosa di imprevisto e accecante.
Lei non aveva alcun dubbio che la vita fosse un dono prezioso tanto quanto sapeva che con questo mondo che è farsa e apparenza non voleva avere nulla a che fare. Il ricordo della gravidanza di Irma ne era stata una chiara dimostrazione: un’allettarsi di sei mesi assolutamente necessario per farla venire al mondo. Ma non ci sarà forse un motivo perché qualcuno sceglie di non nascere? Ci vuole una generosità e una grazia inestimabile per capire che il diritto alla morte talvolta richiede un rispetto assoluto e doveroso.
(...)
lunedì 5 aprile 2010
Hotel Bella Vista - Colette 1937
Pasqua 2010 - stralci da una pagina del diario di Rose
Ho acquistato Hotel Bella Vista qualche anno fa tra l'usato di una bancarella nella passeggiata di Santa Marinella. Conservo un’edizione stampata nel marzo del 1986.
Nel 1986 non avevo che nove anni. (…)
I periodi vuoti d'amore... si fanno ore, giorni, mesi. Persino anni per qualcuno. E l’amore che manca negli anni si accumula in un bisogno affettivo così vorace da sembrare una stupida e capricciosa richiesta, proprio come sono buffe e simpatiche le richieste infantili. (…)
Eppure quel bisogno puoi sottrarlo alla vita. Scegliere di scansarlo sorridendo al resto della propria esistenza, poiché in questa c’è altro, altro, altro ancora… e nasconderlo, anche facilmente, nella convinzione e /o nella scelta che sì, in fondo declinare l’amore è possibile.
Declinare l’amore è possibile perché nascondere è fattibile.
(…)
Resta solo una vita da interpretare tra quelle che ci è impossibile trascurare.
È come il restare chiusi in un albergo, abbassare la serranda, non vedere fuori, raccontarsi di essere in una camera a vista su Montmartre e non vedere che invece di fronte al vetro coperto non c’è che altro. L’amore che manca.
(…)
La Pasqua a Borgo. Una famiglia. Un’amicizia. Tre gatti: Raul, Micio e Michelina. La storia del brigante, la scelta dell’ambientazione del nuovo romanzo. L’incipit. E Che felicità, la vita delle parole.
E il testo da studiare e gli appunti da prendere da papà Piero e da Baffo. (…)
I periodi vuoti d’amore sono infinite sfumature indelebili tatuate sul cuore di una donna.
Rose
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